Fuori Fase – 11 giugno 2020

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Salviamo i piccoli comuni
di Nuario Fortunato

L’incremento delle uscite liberalizzate e non contingentate ci consente di godere dell’aria aperta e dei meravigliosi paesaggi che i nostri territori ci regalano. Paesini, immersi nella natura, che si connotano per la prorompente bellezza delle suscettività ambientali. Da giorni mi balza alla mente il pensiero che, oggi più che mai, diventa di stringente attualità una riflessione attenta su quanto siano importanti e fondamentali programmazione e visione strategica per i nostri piccoli centri, quelli quasi declassificati e catalogati semplicisticamente come ‘aree interne’. Credo che l’emergenza sanitaria e socio-politica abbia incancrenito ancor più delle criticità latenti, non più derogabili o demandabili. Per i piccoli comuni siamo al passaggio del fuoco. In molti centri il voto amministrativo è stato rinviato (probabilmente all’autunno), in altri è previsto per la prossima primavera. L’eredità che questo tempo consegna è gravosa. Servono donne e uomini dalla schiena dritta e dallo sguardo lungimirante. Serve una squadra di amministratori che rifugga dalle velleità del nuovismo algido e vuoto ma che si immoli sull’altare del servizio e dell’impegno. La questione è cruciale e non la si può semplificare con la banalità che i piccoli centri sono delle realtà talmente micro che cambia poco chi governi o amministri. Perché non è uguale proprio per nulla: uno, perché le persone sono portatrici sane di idee e scelte politiche diverse, anche innovative; due, perchè le scelte politiche orientano, nel bene e nel male, la vita di ciascuno di noi ed è perciò vitale informarsi su programmi, prospettive, strategie, cercando di fiutare la fuffa del “tirare a campare” senza un piano o, peggio ancora, dei piani dell’ultimo momento (la Politica non è un passatempo da dopo lavoro); tre, il “tanto è uguale” alimenta il clientelismo che sospende la battaglia delle idee a favore dei ducetti del territorio dai quali, inevitabilmente, una buona fetta di disperati finisce per dipendere. È pur vero che operare delle scelte sulle persone non è mai agevole: entra in gioco anche il miscuglio di interessi ideali e personali, collettivi, familiari e familistici, amicizie più o meno interessate, aspirazioni etiche, rancori, spinte ideali e spintarelle reali, speranze per cambiamenti di testa o per collocamenti di panza, che è sabbia nel cemento dell’Unità d’Italia. Eppure ci deve essere un modo per orientare le scelte: altrimenti tutto è pena, noia, desolazione, destino, fatalità. La strada obbligata, oggi più che mai, sembra soltanto una: meno virtuosismi e più virtuosità. Servono la fermezza di saper dire ‘no’ e il coraggio di voler dire ‘sì’. ‘No’ all’inquinamento, allo sfruttamento selvaggio e malcalcolato del territorio, allo spossessamento dei beni comuni; ‘sì’ alle politiche di contenimento e di risparmio, all’ottimizzazione energetica e della mobilità, alla protezione dei beni comuni dall’assalto privato e privatistico. Servono poche politiche ma mirate. Politiche che si sostanzino non in demagogici slogan ma che magari trovino anche accoglimento statutario e che vadano nella direzione del miglioramento della qualità della vita, della tutela dei beni comuni (intesi come beni naturali e relazionali indisponibili che appartengono a tutti), dell’ottimizzazione della gestione del territorio (all’insegna del principio ispiratore del ‘no al consumo del suolo’), dell’impronta ecologica della macchina comunale, dell’incentivazione di nuovi stili di vita nell’ente locale e nella sua comunità. È chiedere troppo? No, è semplicemente immaginare l’indispensabile. Soprattutto adesso!

Per chi… suona la campanella
di Francesco Sciannarella

A quanto pare è stato finalmente deciso che a scuola si ritornerà regolarmente a settembre. E questo è quello che ogni genitore attendeva di sapere. E ovviamente si fa un gran parlare di come verranno organizzate le classi per poter rispettare il distanziamento sociale. Tra queste c’è l’ipotesi di utilizzare separé in plexiglass “inscatolando” ogni studente nel proprio banco. Dignitosa soluzione, ma che non tiene conto di un elemento: il movimento costante tra i banchi. Tutti sanno, per fare un esempio, quanto gli alunni possano fluttuare in classe, approfittando già solo di una temporanea assenza del docente.

In realtà un primo aiuto al distanziamento, lo si potrebbe ottenere dimezzando il numero di studenti per ogni classe, ergo aumentando il numero di insegnanti, con grande vantaggio anche per la didattica.

Una domanda, però, sorge spontanea: perché per la scuola è necessario – e giusto – investire oggi per salvaguardare la salute dei nostri ragazzi ma non si è mai pensato di investire anche in passato? In fondo, anche prima della pandemia, le aule cadevano a pezzi. Le tapparelle anni ’80 – non vintage, ma di costruzione – di molte classi, erano – e sono – in gran parte agonizzanti, in attesa di una riparazione salvifica che sembra non voler mai arrivare. Ma vogliamo parlare della carta? Se è vero che la tendenza è verso il digitale, i lavori su fotocopie sembrano non voler passare mai di moda. Il vero problema, però, è un altro tipo di carta: quella igienica, un vero e proprio lusso per le scuole e per quanto quest’ultima affermazione possa apparire poco cool, è la triste verità.

Perché la scuola è sempre l’ultimo pensiero quando si tratta di investire soldi pubblici? Uno studente preparato oggi, sarà un buon dirigente, o un bravo politico, di sicuro una persona migliore domani… ma forse è proprio questo che non vogliamo. Lasciare che un popolo languisca nell’ignoranza fa comodo a molti, purtroppo.

La Piovra
di Gianrocco Guerriero

Gli ultimi avvenimenti riguardati il senatore Luigi Cesaro dovrebbero servire a ricordarci (quando mai c’è ne fosse il bisogno) ciò che sappiamo da sempre e ci ostiniamo a ignorare, come si fa solitamente, a livello individuale, con quegli impulsi e quei comportamenti (o pensieri) scomodi e imbarazzanti che la coscienza tende a rimuovere. Anche le società hanno il loro inconscio collettivo (non mi riferisco a quello definito e descritto da Jung), il quale detta comportamenti non sempre in linea (il più delle volte dissonanti) con le intenzioni dichiarate e l’etica che si ostenta come propria. Non c’è da meravigliarsi dunque se capita di trovare fra i fanatici religiosi i peggiori peccatori e fra i moralisti più propensi al giudizio e alla condanna quelli capaci di arrecare le peggiori sofferenze al prossimo.

In Italia (e quasi ovunque nel mondo) ci siamo convinti che in una democrazia il voto costituisca la massima espressione della volontà popolare. Ci conviene credere che sia così. Quando dovesse accadere veramente (magari nei periodi segnati da profonde trasformazioni sociali) dura poco. Perché poi le mafie (intese in senso lato) riescono sempre a infiltrarsi, insinuandosi come piccole dittature che impongono la loro volontà elargendo e prendendo così come si conviene in un ciclo di Carmot, in cui il guadagno è sempre assicurato.

I mafiosi non hanno alcuna ideologia: loro prima fiutano nell’aria e poi assicurano il consenso. Funziona. È una strada collaudata, Chi, fra i politici, lavora contro di solito lo fa in silenzio. I peggiori sono quelli che urlano dai palchi: “io odio la mafia”: si può esser quasi certi che un “tentacolo” ce li ha già nella sua stretta.

Inutile cercare di cambiare la politica lasciando viva la “piovra”. Tornerà presto a essere com’era prima. E non si possono cambiare i politici senza cambiare prima chi li vota.

Disturbi del Comportamento Alimentare: una nuova epidemia sociale
di Claudia Schettini

Lea, 20 anni, morta a causa della bulimia.

Gabriella, un po’ meno di 40 anni, morta per anoressia.
Lorenzo, anche lui 20 anni, anche lui anoressico, anche lui venuto a mancare da pochi mesi.

Il tempo passa e i disturbi alimentari continuano a mietere vittime in silenzio.

Anoressia, bulimia, binge eating, ortoressia, bigoressia, disturbo da ruminazione, picacismo, sindrome da alimentazione notturna: una serie di disturbi legati a un anomalo rapporto con il cibo. In Italia, ogni anno, 8.500 persone si ammalano di Disturbi del Comportamento Alimentare o DCA, di cui il 95,9% sono donne. 
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i DCA rappresentano la seconda causa di morte, dopo gli incidenti stradali, tra i giovani. Il fenomeno preoccupa ancor di più se si pensa che il range si è allargato (non mancano insorgenze in età adulta) e l’età media si è abbassata. Sono infatti sempre più frequenti i casi che coinvolgono anche bambine di 8-9 anni. Insomma, una vera e propria epidemia sociale.

Centri e strutture di cura insufficienti, mancanza di informazione, burocrazia esasperata: nonostante i dati allarmanti, chi soffre di questi problemi spesso non sa a chi chiedere aiuto per trovare una via d’uscita.
In verità nessuno sa cosa sia un disturbo alimentare finché non lo vive, finché non ci finisce dentro con entrambi i piedi. È qualcosa che va ben oltre la fisicità. L’estrema magrezza o i chili di troppo (ma, attenzione, anche persone di peso corporeo normale possono essere affette dalla patologia) sono solo il segnale visibile di un malessere molto più profondo, che catapulta in un dramma intere famiglie. Un dramma di per sé emotivamente difficile da affrontare, ma reso ancor più complicato dall’arretratezza dello stato delle cure in Italia.

Basti pensare che in tutte le regioni del Sud, oltre ad una residenza in Campania, a Salerno con soli 9 posti, vi è un unico centro di eccellenza che offre la riabilitazione residenziale che si trova da noi in Basilicata, a Chiaromonte. Il resto delle cliniche sono poi concentrate tutte al Nord.

Vi è spesso mancanza d’informazione anche tra il personale medico.
Vi sono molte false credenze. Il maschile, ad esempio, non è un errore. Lorenzo è morto per una malattia erroneamente considerata esclusivamente femminile. I dati, è vero, dicono che i disturbi dell’alimentazione riguardano in prevalenza le donne, ma anche gli uomini sono colpiti e lo sono sempre di più. Si corre da una regione all’altra per accedere a strutture specializzate i cui tempi di attesa sono lunghissimi, finché l’attesa stessa non finisce perché uno shock elettrolitico ti stronca senza avvisarti.

Ma tutto questo passa sempre in sordina. Ed io non riesco a spiegarmi il perché.

Ancora nel 2020 i DCA sono considerati delle “paranoie adolescenziali”, un tentativo per perder peso, per fare le modelle o, per l’appunto, i modelli. Nel XXI secolo i disturbi del comportamento alimentare sono ancora un tabù. Tanto prima o poi passano, prima o poi ti verrà fame, prima o poi ti stancherai di vomitare, prima o poi smetterai di ammazzarti su un tapis roulant dalla mattina alla sera. L’anoressia, la bulimia, il disturbo da alimentazione incontrollata, come ogni altra malattia, sono solo sintomi. Esprimono un disagio di fondo. Una mancanza di controllo del proprio sé, compensata attraverso il rifiuto del cibo o una sua esagerata assunzione. È una ricerca della perfezione animata dall’intento di poter controllare qualcosa che in realtà non è controllabile. È un modo per far parlare il corpo, l’involucro dell’anima, visibile a tutti. È un campanello d’allarme, è una richiesta di aiuto. Le difficoltà alla base di queste malattie rivelano una insicurezza della propria persona, un’insicurezza, purtroppo, piuttosto comune. Un’insicurezza che, anche se inconsapevolmente, viene alimentata un po’ da tutti.

È una società di ragazzi insicuri, una società di ragazzi che non mangiano, una società di ragazzi che ingurgitano qualunque cosa di commestibile capiti davanti ai loro occhi per poi vomitare tutto. Ma è anche una società che fa finta di niente. La cultura predominante del valore dell’immagine non è ancora tramontata o non è ancora stata ridimensionata a sufficienza. Va da sé poi la cultura della simulazione offerta dagli ambienti virtuali, dove ci si sente falsamente a proprio agio perché ci si può costruire una qualsivoglia immagine che sembra, dove ci si può plasmare per raggiungere la tanto aspirata perfezione. Ma la verità è che la cosa sbagliata non è il corpo, non è mai il peso. La cosa sbagliata è il modo che abbiamo di percepirci, è l’opinione che ci facciamo di noi stessi, è la stima assente che abbiamo in noi stessi.
I Disturbi del Comportamento alimentare non compaiono in un momento preciso, danno, semmai, dei segnali. Non sono sempre visibili immediatamente, soprattutto se sei bulimico e, “fisicamente” non desti alcun sospetto in quanto perfettamente normopeso. Lea, ultima vittima di questo cancro della società, è morta di bulimia. Se non sei direttamente ridotto una larva, ti ritrovi distrutto dentro e integro fuori finché non si interrompe qualche meccanismo perché i muscoli stanchi, a lungo andare, non reggono più. E come lo spieghi ad una società cieca e sorda che si può morire perché hai passato anni ed anni a vomitare troppo o mangiare troppo poco?

L’esperienza mi porta a dire che non bisogna giudicare senza conoscere, né emettere sentenze sulla base di stereotipi e pregiudizi o cedere all’inganno dei luoghi comuni per trovare facilmente una spiegazione. Ma, soprattutto, l’esperienza mi porta a fare un appello a non arrendersi mai nel supportare coloro che soffrono di queste patologie, siano esse pazienti o persone che si amano, anche quando sembra che non vogliano l’aiuto di nessuno. Io tante volte ho chiesto aiuto e tantissime volte l’ho anche rifiutato. Colmiamo i silenzi e non rifugiamoci in un ostinato mutismo: non ho chiesto aiuto a parole, ma l’urlo di dolore espresso dal mio esile corpo mi ha quasi condotto là dove le parole non sarebbero più servite.

Lottiamo e non arrendiamoci, e forse, un giorno o l’altro, saremo tutti di nuovo capaci di apprezzare quel vecchio dono che ci fu dato nell’esatto istante in cui venimmo al mondo: la vita.

https://www.youtube.com/playlist?list=PLTnbehVW51PTcMSodQljAfkg7yNoZqbM0

LE STORIE DEL MARESCIALLO NUNZIOGALLO
Il video racconto di TOTEM Magazine, Giampiero D’Ecclesiis & Fabio Pappacena vi propongono “LA MANO DEL DIAVOLO” della serie “Le storie del Maresciallo Nunziogallo”, un intreccio misterioso si svolge tra le strade del centro storico di Potenza, tra Via Pretoria e la Chiesa di San Michele si muovono ombre inquietanti, si sentono rumori, voci.
Presenze oscure? Intrighi di provincia?
Ci penserà il Maresciallo Nunziogallo a svelare gli intrighi.
Chi sono i personaggi che si agitano nella storia? Demoni? Fantasmi? Sogni? Che succede nelle case di campagna dei potenti? Notai, avvocati, politici.
Un giro di ragazze squillo?
Un video racconto a puntate da seguire con calma e vedere quando vi va.


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