IL CORTO “CARMINE DONNOLA- THE THRILL OF A POET…” CHE IL GIOVANE REGISTA MARCO SCHIAVONE HA DEDICATO AL “CERBERO” POETA LUCANO CARMINE DONNOLA

Anche ne “Il singhiozzo dell’usignolo” (Il Segno-Editore , pag 139, euro 14,00),  ultima raccolta di poesie  del lucano Carmine Donnola, si fa largo la voce potente dell’ orante tesa a sfidare la vita, ma pure ad accoglierne e ad incensarne le sue parti migliori. Come nelle precedenti di  “Urli e risvegli”,  anche in queste inedite pagine  la poesia è  abbaglio, ribellione, voglia di vivere,  è far sapere all’universo degli umani ( e ricordare a se stesso)  che il poeta Donnola è “un salvato di strada, barcollante che nella vita ha camminato a muso duro, annebbiato dall’alcol”. Grazie alla poesia Donnola  ha provato a strappare le spine degli anni cupi della confusione alcolica.  Grazie alla poesia ha trovato la salvezza   come vuol  dimostrare il lodevole corto “Carmine Donnola- The thrill of a poet on the  lonely hills of Grassano” (2021) del giovanissimo regista  Marco Schiavone . Col canto di Eugenio Bennato sulla libertà della rondine che vola “Verso il sole”  inizia il lavoro di Schiavone:  la videocamera  segue  l’ex collaboratore scolastico che sale verso un rifugio,   mentre la voce fuori campo( in inglese) lo presenta come una persona (poeta) molto speciale, caduta nella trappola dell’alcolismo e poi salvata  dalle muse della poesia che gli hanno  permesso di sperimentare non più la solitudine del mal di vivere, ma una “solitudine sognante”, vitale come viene cantato in “There is  a solitude” della grandissima poetessa statunitense Emily Dicknson  che  il Nostro   (re)interpreta  nel  dialetto della sua Grassano   con una tonalità  aspra, rabbiosa,  per “liberare un urlo e farlo sentir fino in capo al mondo”.  Ma nel cortometraggio di Schiavone  non c’è solo protagonista il versificatore, ecco apparire  la figlia Antonella che dal punto più alto di Grassano (Chiesa Madre) apre il suo sguardo  verso orizzonti distanti, provando a  sentirsi come la rondine che “va leggera oltre i temporali e i confini”. Poi anche lei prende a recitare i versi della Dickinson: “Ha una sua solitudine lo spazio/ solitudine di mare/ e solitudine di morte/ eppure….Infinito, finito”. Le brevi  sequenze di Marco Schiavone –  con la luminosa fotografia di Giuseppe Luzzi che esalta lo scorcio urbano di Grassano e la sconfinata valle sottostante – sono sì un’ istantaneo ritratto sul poeta “cerbero   nell’aspetto esteriore, candido nell’anima”, ma sono al contempo  un fiore in omaggio a quella magnifica poetessa che è stata la  Dickinson (1830- 1886) nonché  il tentativo di far sentir   vivo il legame tra un’esistenza e l’altra, tra un padre e una figlia grazie al miracolo che riesce  compiere il suono profondo della poesia.

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